Emanuela Orlandi: le tre piste dietro la sua scomparsa.

Sono da poco passate le quattro del pomeriggio. Una ragazzina di 15 anni sta camminando da sola nel centro di Roma. E’ alta 1.60m, ha una cascata di capelli neri. All’improvviso, viene fermata da un uomo. Lui le propone di vendere prodotti cosmetici della ditta Avon a una sfilata di moda. Le dice che per quel lavoretto verrà pagata 375.000 lire, una somma importante per l’epoca, quasi 1000€ di oggi. Siamo nel 1983, il giorno è il 22 di giugno. A Roma fa già molto caldo, un caldo opprimente che obbliga le persone a tenere le finestre aperte anche di notte. A quell’epoca i condizionatori non sono diffusi in ogni abitazione come oggi.

La ragazzina entra poi alla Scuola di Musica “Da Victoria” in Piazza Sant’Appollinare per la consueta lezione di musica. Suona il flauto traverso. Qualche ora più tardi, alle 19, esce. E sparisce. Non prima però di aver raccontato telefonicamente di quell’incontro alla sorella, e a un’amica. Ma che è successo?

Tra tutti i Cold Case italiani, questo di questa quindicenne cittadina vaticana, rimane uno dei più intricati. Per il numero di persone coinvolte, per le piste, i falsi idnizi e i depistaggi degni di un film di spionaggio. E dopo 41 anni da quell’estate del 1983 la verità non è ancora venuta a galla.

Proviamo a fare ordine.

Emanuela non è una ragazzina come tutte le altre. E’ la penultima di cinque figli di Ercole e Maria Orlandi, cittadini vaticani. Il padre è commesso pontificio presso la Santa Sede e ha servito sette Papi. Emanuela quindi, come tutta la sua famiglia, vive in Vaticano e ha pieno accesso a giardini, orti e altri spazi altrimenti interdetti al turismo di massa. Oggi in Città del Vaticano vivono meno di 500 persone, di cui meno della metà con la cittadinanza vaticana.

Quel pomeriggio riceve un’offerta di lavoro da un sedicente rappresentante della casa cosmetica americana Avon, a quei tempi molto popolare.

Analizziamo ora le tre piste considerate oggi come valide e sulle quali ancora si dibatte.

1. La pista che considera il suo rapimento collegato all’attentato subito da Papa Giovanni Paolo II il 13 maggio del 1981 in Piazza San Pietro

Papa Giovanni Paolo II fu ferito nel 1981 mentre benediceva la folla in Piazza San Pietro a bordo della “Papa Mobile”. Il suo attentatore, poi arrestato in Italia, è Mehmet Alì Agca, un turco esponente del cosiddetto gruppo estremista e ultranazionalista dei “Lupi Grigi” vicini all’estrema destra. Il caso di Emanuela Orlandi nei primi giorni non fu trattato come un rapimento, anzi si pensò nei primi giorni che la ragazza potesse essersi allontanata volontariamente. L’ufficialità per così dire arrivò durante l’Angelus di domenica 3 luglio, quando il Papa si affacciò al mondo cattolico e cristiano (e non solo) dicendo “condivido le ansie e la trepidazione dei genitori non perdendo la speranza nel senso di umanità, di chi abbia responsabilità di questo caso”. Perchè il Papa parlo di responsabili quando le autorità italiane, le uniche che stavano indagando sul caso, erano orientate su tutt’altro? Per anni l’interrogativo è rimasto senza risposta. Solo di recente, la testimonianza di Carlo Maria Viganò, un alto prelato che lavorava all’epoca dei fatti alla Santa Sede, rivelò che la sera stessa del rapimento intorno alle 20 arrivò una telefonata, quando la famiglia Orlandi non aveva ancora depositato formale denuncia per la sparizione della congiunta. Passati due giorni dall’appello del Papa, dagli Orlandi arrivò una prima telefonata di un personaggio che i giornali dell’epoca soprannominarono “l’Americano” per via dello strano accento che usava per parlare durante le telefonate. Senza specifiare a quale gruppo appartenesse, l’uomo chiamò sia la famiglia, che il Vaticano, varie volte per tentare la liberazione di Alì Agca entro il 20 luglio data tassativa pena l’uccisione della ragazza in ostaggio. Tentò di dimostrare che teneva in ostaggio la ragazza, e che lei fosse viva, ma le prove all’epoca non convinsero fino in fondo il Sisde. Per esempio, fu fatta trovare una busta con dentro dei documenti fotocopiati: la tessera della scuola di musica di Emanuela, una ricevuta di pagamento, uno spartito sul quale con calligrafia autografa le fu fatto scrivere “Non preoccupatevi per me, sto bene. Con affetto, la vostra Emanuela”. Nel frattempo Ali Agca, al quale venne fatto credere che sarebbe stato scambiato con l’ostaggio, e quindi liberato, cominciò a fare rivelazioni scottanti. Diceva che l’attentato al Papa non era stato orchestrato dai Lupi Grigi, l’organizzazione turca, ma addirittura dal Kgb, il sistema di spionaggio sovietico, in combutta con quello bulgaro e la Stasi, la polizia segreta della Germania Est. In due parole, dal blocco comunista, che vedeva in Papa Wojtyla un acerrimo nemico per via delle sue posizioni anticomuniste. Era risaputo infatti che Wojtyla, già arcivescono di Cracovia appoggiasse in Polonia il sindacato dei lavoratori “Solidarnosc”, che si batteva per la caduta del regime comunista nel suo Paese, allora membro della cosiddetta “cortina di ferro”.

2. Una pista “finanziaria” per cui Emanuela potrebbe essere stata rapita per ricattare il Vaticano

Questa riguarda da vicino la famigerata “Banda della Magliana”, che in tempi recenti ha ispirato la nota serie TV “Romanzo criminale”. Ma che c’entrava un’organizzazione criminale romana, sicuramente agganciata alla mafia siciliana, col rapimento della ragazzina? L’uomo che l’aveva avvicinata nel pomeriggio prima della lezione di musica, non sarebbe niente popo di meno che Enrico De Pedis detto Renatino, uno dei boss della banda. De Pedis aveva contatti e amicizie di alto rango, anche all’interno del Vaticano. Era amico del Cardinale Paul Marcinkus, il Presidente dello IOR (Istituto per le Opere Religiose), la Banca del Vaticano,. conosciuto come il “banchiere di Dio”. De Pedis conosceva bene anche Roberto Calvi, che era presidente del Banco Ambrosiano, una della principali banche del tempo, di matrice cattolica. I tre, avrebbero cominciato a stringere accordi finanziari tali per cui enormi somme provenienti per tramite dagli ambienti della criminalità organizzata direttamente dalla mafia., sarebbero stati fatti transitare nel Banco Ambrosiano per venire “ripuliti”. Marcinkus, in accordo con Papa Woytila, finanziava di nascosto gruppi politici anticomunisti, come il sopracitato Solidarnosc, attivi in Polonia, per contrastare l’influenza sovietica. Si fece aiutare da Roberto Calvi e dal Banco Ambrosiano. Quando le attività illecite di Calvi furono scoperte, il Banco Ambrosiano fallì lasciano una voragine di 1.400 miliardi delle vecchie lire. Calvi fu trovato impiccato a Londra nel 1982, sotto al ponte dei Frati neri. E’ evidente che venne tolto di mezzo, forse come punizione, dalla stessa criminalità. In tutto questo, il rapimento della Orlandi venne visto come un ricatto della criminalità organizzata al Vaticano, che quindi per riavere indietro e liberata la sua giovane cittadina, avrebbe dovuto saldare il debito ingente di denaro perso dalla malavita nell’operazione Banco Ambrosiano.

E’ interessante notare che parte della trama del fim di Coppola  “Il Padrino parte III”, ambientato in quegli anni, il 1979, parli proprio di queste tematiche, mostrando le collusioni e gli affari del Vaticano con la Mafia.

A sostegno di questa pista c’è la testimonianza di Sabrina Minardi, ex amante di De Pedis, che nel 2005 ha raccontato di come si fosse occupata direttamente lei del trasporto della Orlandi da un nascondiglio all’altro: dapprima al Gianicolo, poi a Tor Vajanica, per poi concludere al quartiere Monteverde, fino a quando non le fu chiesto di trasportare una Orlandi drogata e sedata direttamente in Vaticano una sera, per consegnarla a un sedicente prelato vestito di nero presso la pompa di benzina -l’unica- presente nelle mura vaticane. Le rivelazioni della Minardi sono arrivate dopo una scoperta sconvolgente. Sempre nel 2005, una telefonata alla trasmissione “Chi l’ha Visto” segnalò che nella Basilica di Sant’Appollinare (quella a fianco della scuola di musica…) era seppellito, a fianco di papi e di grandi benefattori della Chiesa, proprio Enrico De Pedis, il boss della Magliana, per il favore che Renatino fece al Cardinal Poletti. Nel 2005, la giornalista Raffaella Notariale, indagando sul caso Orlandi, evidenziò che fu il cardinale Poletti, già presidente della Cei, su richiesta del rettore della basilica, don Pietro Vergari, a firmare l’autorizzazione alla sepoltura nella cripta di Sant’Apollinare di Enrico De Pedis. La famiglia di De Pedis, infatti, aveva elargito ingenti offerte per la basilica. Nel 2012 la salma è stata rimossa, in seguito all’analisi della sua tomba da parte della polizia scientifica.

3. Emanuela sarebbe stata sparire perchè vittima di un giro di abusi sessuali all’interno del Vaticano

Nella docuserie di Netflix “Vatican Girl” una amica di Emanuela rende per la prima volta la sua testimonianza. Una settimana prima di sparire, Emanuela le aveva confidato di aver ricevuto “attenzioni fastidiose” da una persona molto vicina al Papa, nei giardini vaticani. In altre parole, aveva tentato di molestarla .Se si fosse parlato quindi di abusi sessuali su ragazzine minorenni all’interno del Vaticano, sarebbe stato uno scandalo senza precedenti. E la Banda della Magliana avrebbe quindi potuto occuparsi del lavoro sporco, facendo il necessario per mettere la questione a tacere. E in virtù di questo proprio De Pedis avrebbe ottenuto il beneficio di una sepoltura a Sant’Appollinare nel 1990 anno in cui venne assassinato. Nel 2009 Alessandro Ambrosini, giornalista e blogger (Notte Criminale) avrebbe registrato degli audio in cui si sente parlare un ex collaboratore di De Pedis: “Pure insieme se le portava a letto, non so dove se le portava. Quando la situazione è andata fuori controllo, il Segretario di Stato (Monsignor Casaroli) ha deciso di intervenire. Non ha fatto altro che chiamare De Pedis dicendo ‘sta succedendo questo. Puoi darci una mano?’

Qualsiasi strada o pista si decida di seguire, tutte quante portano al Vaticano. E che si sapesse in Vaticano è chiaro. Più di una volta Papa Francesco ha ribadito in questi anni che “Emanuela sta in cielo”.

Oggi, dopo più di quarant’anni, per la prima volta la Magistratura vaticana da’ il via alle indagini, facendo quello che avrebbe dovuto fare all’epoca dei fatti. E a maggio di quest’anno, in Italia una Commissione parlamentare d’inchiesta si è incaricata di indagare sul caso, con l’ausilio di esperti, testimonianze e tecnologia di oggi.

Per aspera.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto