Ustica – la versione degli imputati

Circa le cause e gli autori della strage, non si giunse mai a processo, in quanto l’inchiesta del giudice istruttore Rosario Priore si chiuse nel 1999 restando “ignoti gli autori della strage”. Nel diritto penale italiano il reato di strage non cade mai in prescrizione per cui, nell’eventualità che dovessero emergere nuovi elementi, l’istruttoria potrebbe in qualunque tempo riaprirsi ed eventualmente condurre a processo laddove si ipotizzassero estremi di responsabilità penale.

Si giunse invece a dibattimento per ipotesi di reato relative al sospetto che, al fine di evitare l’accertamento delle responsabilità della strage, fossero stati posti in essere comportamenti sostanzialmente inquadrabili come tentativo di depistaggio; queste ipotesi furono ascritte ad alti ufficiali dell’Aeronautica Militare.

Il relativo processo si è concluso definitivamente nel gennaio del 2007, quando la Cassazione ha assolto gli imputati, mentre un procedimento civile presso il foro di Palermo, avviato dall’Avv.Daniele Osnato, ha visto la condanna dei ministeri dell’interno e della difesa al pagamento di 100 milioni di euro a titolo di risarcimento ai familiari delle 81 vittime della strage. L’Avv.Daniele Osnato ha avviato altri tre processi civili, sempre a Palermo, tutti conclusi con l’affermazione di responsabilità per depistaggio e concorso in disastro aviatorio a carico dei Ministeri Difesa e Trasporti italiani. I Ministeri non hanno proposto ricorso in Cassazione, accettando l’addebito di responsabilità. I pagamenti dei risarcimenti, però, sono stati decurtati di tutte le somme che nel frattempo lo Stato italiano aveva riconosciuto ai parenti come vittime di atti terroristici. Le somme effettivamente liquidate sono così risultate enormemente ridotte, rispetto a quanto invece stabilito dai Giudici civili, in forza di tale interpretazione attuata dallo Stato italiano. I figli delle Vittime, nel 1980 molto giovani, non hanno ricevuto nulla.

Imputati

Gen. Zeno Tascio, Gen. Corrado Melillo, Gen. Franco Ferri, Gen. Lamberto Bartolucci

Accuse: Depistaggio, Attentato all’attività dello Stato con l’aggravante dell’Alto Tradimento

Di seguito, la versione dei fatti fornita dagli imputati.

La sera del 27 giugno 1980 l’allora colonnello Arpino oppure gli uomini del Cop chiamano il generale Bartolucci il quale ordinò una verifica sugli aerei italiani. Arpino chiama il colonnello Giangrande e dispone il suddetto accertamento.i due ufficiali si sentono più di tre volte fino a notte fonda ma gli esiti della verifica non vengono comunicati al capo di Stato maggiore. Durante la notte, il maresciallo Berardi, sottufficiale di turno al Cop, a prendere la possibile presenza di aerei americani vicino al DC9 ma non riferisce nulla al suo superiore che gli scende accanto.
La mattina successiva l’allora colonnello Arpino non incontra, come ogni mattina l’ufficiale smontante al Cop. Si limita solo a leggere il brogliaccio e nonostante esso sia assolutamente privo di notizie e non contenga l’annotazione della verifica effettuata, non chiede spiegazioni né relazioni suppletive. Non incontra come accade quotidianamente il Generale Melillo e neppure il Generale Bartolucci con cui era stato in contatto la sera prima. Si imbatte invece nel Generale Ferri ma non gli riferisce quanto avvenuto durante la notte. Il Generale Melillo a un breve colloquio con il Generale Giangrande, ufficiale di turno al Cop, il quale, però, mi dice che non ci sono novità. Il Generale Bartolucci, a capo assoluto dell’Aeronautica Militare, dopo aver chiesto la sera prima di sapere se fossero coinvolti nell’incidente velivoli militari italiani -un’operazione che richiede solo pochi minuti-arriva in ufficio senza ancora aver avuto una risposta. E’ costretto, pertanto, a richiedere una seconda verifica. Durante il briefing mattutino, al quale non partecipa il sottufficiale di turno in Cop perché impegnato a tornare a Capua, non vi è alcun significativo scambio di informazioni. Il terzo Roc e cioè il sito radar di Martina Franca, che durante la notte ha effettuato una verifica all’italiana (due telefonate) dall’esito negativo circa la presenza di aerei USA, non comunica tale risultato alo Stato Maggiore, che, pertanto, è costretto autonomamente a contattare le forze alleate. A Ciampino, nel frattempo, nonostante sia in servizio personale competente, si trascorre la notte aspettando che il colonnello Eusso, il cui sonno è sacro, si svegli naturalmente. Quando questi, con tutta calma e tranquillità, raggiunge l’ufficio, gli viene ordinato di impegnarsi per scoprire, attraverso i tracciati radar, dove sia finito il DC9. Lo scopo e portare, dopo solamente 12 ore di bagnomaria, soccorso ai passeggeri. Prima ancora che gli venga impartito tale compito però l’aereo è già stato rinvenuto ma nessuno glielo dice.

Il tracciato radar delle ultime fasi del volo del DC9

E così, il colonnello Russo, isolato nella sua stanzetta come il giapponese nella giungla e affiancato dal povero capitano Martino sveglio dalla sera precedente, si impegna e fa le cose per bene. Non va a cercare come pure potrebbe, gli ultimi segnali inviati dal DC9. Impiegherebbe solo pochi minuti. Parte invece da Bologna e plot dopo plot ripercorre tutto il tracciato dell’aereo precipitato. Impiega alcune ore. Non è ancora soddisfatto: la scala della cartina da lui realizzata è troppo ridotta. Ne fa un’altra più ampia. Passano altre ore. In tutto saranno 12 ma questo lasso di tempo nessuno gli comunica che l’aereo è stato rinvenuto dalle sette di mattina e che, pertanto, il suo lavoro è inutile allo scopo. Neppure gli uomini del soccorso, i quali teoricamente avrebbero bisogno della sua opera per indirizzare elicotteri, lo contattano. L’unico che va a trovarlo nella sua stanzetta e lo sprona a terminare è il colonnello Guidi capo dell’intero sito di Ciampino. Sfortunatamente anche a lui nessuno ha detto nulla del ritrovamento del DC9. Peccato perché a quell’ora lo sanno tutti non solo all’interno del loro nautica militare ma anche all’esterno.la televisione ha già mostrato i primi cadaveri.

Il Generale Fazzino, amico del Generale Melillo e Bartolucci quotidianamente in visita allo Stato Maggiore, improvvisamente interrompe ogni contatto e sceglie la strada dell’isolamento dell’ascesi. Anche il generale Mangani tenta codesta soluzione ma viene “fulminato sulla via del giudice Priore” dalle telefonate con la sua voce registrata. Almeno lui sapeva e ha riferito tutto.

La versione degli accadimenti offerta dagli imputati dei loro amici e colleghi sembra uscita da un racconto di Pirandello o dalla sceneggiatura di un film di Totò. È una commedia delle equivoci fatta di fraintendimenti, mancati colloqui e comunicazioni. Ognuno agisce per conto suo, senza coordinamento e raziocinio, senza logica e intelligenza. Si va dal DC9 atterrato sulla porta aerei, alla collisione con una montagna in mezzo al mare, dalla telefonata all’ambasciata USA per fare uno scherzo, alla ricerca del punto di caduta dell’aereo 10 ore dopo il suo ritrovamento. Improvvisamente spariscono profeti, scompaiono colleghi, non si compilano registri, non si riconoscono le proprie voci. Purtroppo non si stava girando una fiction: era la realtà, una realtà di morte.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto